Gomorra 3: più azione e più ritmo per la migliore serie tv italiana

Si ricomincia da capo: nuovi cattivi, nuova ambientazione, nuova guerra. Da una parte ci sono sempre loro: Genny (Salvatore Esposito), Ciro (Marco D’Amore), Patrizia (Cristiana Dell’Anna) e Scianel (Cristina Donadio). Dall’altra, si aggiungono le new entries Enzo (Arturo Muselli) e Valerio (Loris De Luna).

C’è un rinnovato scontro generazionale, con una leggerissima variazione del tema “figli che uccidono i padri”; c’è il male assoluto e c’è la criminalità. E poi c’è l’ennesimo passo avanti. La terza stagione di Gomorra, in onda da venerdì su Sky Atlantic HD, è diversa e, allo stesso tempo, migliore rispetto alle due precedenti.
Le differenze, per un occhio non allenato, potrebbero risultare minime, eppure è innegabile come la componente mainstrem – inseguimenti, scazzottate, colpi di scena, cliffhanger studiati con attenzione – qui sia più accentuata. Attenzione però: commerciale non vuol dire scadente. L’eredità lasciata da Stefano Sollima e raccolta da Francesca Comencini e Claudio Cupellini rimane. È evidente in ogni inquadratura, frame, in ogni lampo di luce. Ora che la serie ha raggiunto un pubblico ampissimo, arrivando anche negli Stati Uniti d’America, è il momento di spostare l’ago della bilancia e di andare incontro a una narrazione più fruibile e movimentata. Ogni episodio vive di forza propria, ricco e appassionante. Ce ne è uno, in particolare, che racconta la storia dell’Immortale lontano dalle Vele e da Napoli: è un film, tanto è ben costruito. Un film breve in cui il protagonista assoluto, un po’ Clint Eastwood un po’ Iago, è Ciro.

È un universo in perenne contrazione, quello di Gomorra: dalla prima stagione, con un’ottica più nazionale, siamo passati alla seconda tra Roma e Honduras; ora, con la terza, gli spazi si restringono e dall’area nord di Napoli ci spostiamo nel centro storico. Non c’è – come vuole nuovamente la cronaca quotidiana – una consacrazione del male o del maligno. Gomorra è una storia di potere, di uomini e di donne, di padri e di figli; di mostri che uccidono mostri. E che tra una sparatoria e un’altra restano sospesi. Né vivi né morti. Né completi né disfatti. Condannati, solo questo. Gomorra è la televisione migliore che c’è, figlia di un’idea nata con Romanzo Criminale e fusa con un’impostazione cinematografica riadattata per il piccolo schermo.

Sky Italia, Cattleya e Fandango non solo esportano all’estero un prodotto competitivo, ma ridanno vita anche al mercato italiano. Perché siamo noi, per una volta, a dettare un nuovo standard.

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